il Venerdì _ 45

Ricordate la scorsa settimana, quando vi raccontavo il mio espediente per andar oltre la nebbia?
Be’, ho come la sensazione d’aver un po’ esagerato con questa storia dello stringere gli occhi. In questi giorni, infatti, ho visto un sacco di cose e quando dico un sacco lo dico con un po’ di rammarico, ché detto tra noi, alcune di quelle cose me le sarei anche evitate.

Ho visto, ad esempio, un ragazzo di vent’anni, che dopo aver subito un’estrazione ha chiesto al dentista: “Ma poi il dente mi ricresce?”.

Ho visto poi genitori far finta di niente mentre i loro bimbi se ne stavano distesi pancia a terra a nuotare in un mare di costruzioni colorate, urlando come se al mare ci fossero davvero. Invece no, quella era la sala d’attesa di uno studio medico. La stessa in cui un uomo ha preso a camminar su e giù, cellulare alla mano, a far sentire i fatti suoi a tutti, interessati e non. E dopo di lui, ho visto una signora di ottant’anni, incuriosita dai calendari sul bancone.
“Bellini”, ha preso a ripetere tra sé e sé e dopo un po’ che parlava da sola, s’è girata verso la figlia e ha detto: “Si potrà prendere?”.
“Cosa?”, ha detto la donna.
“Un calendario”.
“Ma se ce l’hai già”, ha risposto scocciata.
Allora mi sono inserita io: “Ne vuole uno signora?”.
“Si possono prendere?”, ha domandato, già pronta ad acciuffarne uno.
“Certo, solo che chiediamo un contributo di 5€ che verrà devoluto all’Associazione…” e mentre tentavo di spiegarle i fini di quella raccolta, la vedo che ritira la mano, storce il naso e bofonchia: “Un po’ cari…”.
Dico io, signora, per prima cosa c’era scritto (e anche grande), secondo di poi, mica gliel’ha prescritto il dottore, il calendario…

Ma poi, d’un tratto, in quella che più che una sala d’attesa pareva esser diventata la piazza d’un mercato, tra via vai, grida e contrattazioni, vedo lui. Be’, a voler essere precisi lo sento. Già, perché in un rarissimo ed irreale attimo di silenzio, avverto alle mie spalle uno strano stac stac. Così mi giro, ed è in quell’istante che lo vedo, disinvolto e sereno, che come se niente fosse, testa bassa e gambe accavallate, si taglia le unghie.
Stac stac

Non so se ridere o piangere. Dovrei arrendermi, credo, issar bandiera bianca e darmi alla fuga. Però poi torno a guardarlo, immerso nel caos ma del tutto estraneo ad esso, e tra uno stac e l’altro, in un misto d’invidia e ammirazione, penso, però… coi tempi che corrono son doti anche queste.