Lettera a un cervello in fuga

Bologna, 27/07/2017

Caro mio, la vita non è altro che un susseguirsi di onde.
Basta osservare il flusso degli eventi per capirlo, per capire che quella in cui viviamo è una stagione di mare grosso, in cui i più navigano ormai a suon di biglietto di sola andata.

Negli ultimi mesi ho salutato molti marinai, pronti a salpare in cerca di un porto migliore di questo. Amici, colleghi, così detti ‘cervelli in fuga’. Sono meno in moto di loro, certo, ma spero davvero di non adagiarmi sulle parole e di non dimenticare mai le storie, i volti, le mani e le braccia che stanno dietro a quei cervelli. Decine, centinaia di braccia che ogni giorno sfidano il mare nel tentativo di intercettare la buona onda.

I marinai li riconosci da lontano: biglietto di sola andata in tasca e occhi che luccicano. Sono affascinanti, entusiasti e timorosi al tempo stesso, regalano sorrisi a denti stretti e abbracci che non finirebbero mai.

Oggi tocca a te, marinaio amico e fratello.
Sei pronto?
È una domanda stupida, lo so. Che ci vuoi fare? Le sorelle a volte sono così, stupide al punto giusto da perdere le parole. M’impegno a frugare tra i pensieri ma non trovo di meglio, così li metto a tacere e ti guardo allontanarti. Passo sicuro e spalle grosse, pronte a sostenere i tuoi sogni.
Un istante dopo svanisci oltre il gate.

Non sei ancora partito e già mi chiedo quando ci rivedremo. Che stupida! Mi rattristo all’idea che passeranno mesi, eppure non verso una lacrima. La tristezza mi prende allo stomaco, mi svuota. È come avere fame all’improvviso, ma è chiaro che mangiare non servirà a molto, certamente non a rimpiazzare quel pezzo di me che stai portando oltreoceano.

Eppure dovrei essere abituata. Ho consegnato pezzi di me in mani amiche e anch’io che resto qui a sorvegliare il porto ne ho piene le mani, di preziosi pezzi altrui. Li custodisco gelosamente e mi moltiplico con loro.

Ripenso a quando era bambina, una bambina felice e intera. Ti farà sorridere che mi definisca così, ma dopo il tuo arrivo intera non lo sono più stata. Con te ho appreso molte cose, in primis la suprema arte della divisione. Sei entrato nella mia esistenza a gamba tesa, prendendoti tutto: camera, giocattoli, attenzioni e anche una consistente parte del mio cuore. Avrò avuto si e no cinque anni quando l’ho capito. Mancava poco all’ora di cena e non so come, a un tratto ti ritrovasti con la testa incastrata tra lo schienale e il piano impagliato di una sedia. Ricordo il mio pianto disperato nel sentire la nonna dire: “Non si può mica rovinare la sedia, gli si taglierà la testa”.
Crescendo abbiamo avuto litigi, attraversato l’immancabile fase dell’indifferenza adolescenziale, ma oggi ringrazio il cielo che quella testa sia rimasta al suo posto.

Un aereo prende il volo, alzo lo sguardo.
E così te ne sei andato anche tu.
Lo dico ma non ci credo. Allora me lo ripeto, che se c’è qualcuno a cui devo credere quella sono io. Ma continuo a non prendermi sul serio. Sarà che sono passati solo pochi minuti, che ho lo stomaco pieno di buchi ma non mi sento sola. Fuori splende il sole e non riesco neanche ad essere triste, non quanto vorrei.
Allora sai che ti dico fratellino?
Avanti, tuffati!
La tua buona onda ti sta aspettando.

IRENE ROMANO

http://festivaldellelettere.it/vincitrice-2017/