La pioggia di ieri, a sorpresa, se n’è andata e così, la bella Lisbona ci ha permesso di salutarla col sole, che stamani splendeva alto e convinto nel cielo. Allora via, fuori, ché chissà quando ci torneremo da queste parti.
Il saluto non poteva che avere il sapore del pan de dios, un misto di dolce, salato e saudade, ché manco siamo arrivati e già ce ne dobbiamo andare. Già, perché tra poche ore, io e il mio bel casino, abbiamo un altro aereo da prendere. Prima, però, rotoliamo fin sulle rive del Tago, ché prima di andarcene mi par giusto salutare anche lui.
Oggi brilla, sempre maestoso ma decisamente più calmo di ieri, sotto questo bel cielo azzurro. Il vento, invece, non è calmo per niente. Mi piacerebbe poter dire che si diverte a giocare con i miei capelli, ma ahimè, il loro, più che un gioco, a tratti pare un vero e proprio litigio.
Meglio buttarsi all’interno, va, tra gli alti palazzi e i vicoli stretti, alcuni dei quali, anche se è passato un anno, li ricordo a menadito. Altri invece li ho scoperti stamani. Un buon compagno di viaggio serve anche a questo, a spingerti oltre, ad aprirti gli occhi, ché il più delle volte quel che si vede in due, non lo si vede mica in uno. C’ho messo un po’ a capirlo, forse perché per farlo dovevo prima trovare questi occhi qui.
Son occhi a cui mi affido volentieri, anche nel salutare questa città luminosa e spingermi a sud, là dove nessuno dei due è mai stato.
Lui dorme al mio fianco ed io, be’, non posso fare a meno di stare a guardarlo, mentre intanto è scesa la notte, là fuori qualcuno canta ed io son qui che mi chiedo, chissà come sarà il nostro risveglio domani?