il Venerdì _ 32

Da un po’ di tempo a questa parte la mia vita ha ripreso a girare ad una tale velocità da non aver più molte energie per scrivere. E a dire il vero, a mancare, oltre alle energie a fine giornata, sono anche quei guizzi improvvisi, le toccate al cuore e gli scossoni, che mi facevan sobbalzare e dire, be’, questa è proprio una cosa da venerdì!
Non che a lavoro le cose siano cambiate, eh, ma forse mi vien da pensare che un po’ sia cambiata io e che forse non sia poi così male, cambiare, se questo vuol dire essere tornata a volgere lo sguardo e il cuore anche ai guizzi e agli scossoni che ci son fuori di qui.

Alcune cose, però, in questo posto continuano a farmi sentire tremendamente a casa, tanto da darmi più d’una motivazione per continuare a scriverne (seppur in maniera discontinua): sono le risate tra colleghe, le speranze condivise, le incazzature (condivise pure queste) ed i pazienti (non tutti, eh…) che ti ringraziano perché anche se sei alle prese con tre telefoni, il campanello, i colleghi che ti parlano sopra etc etc… be’, tu riesci comunque a salutarli e a chiedere, Come va?

E poi ci son le cose bizzarre, che immagino capitino un po’ ovunque, ma che chissà perché, qua dentro, oh, sembrano starci proprio a pennello.

Come l’altro giorno, quando fuori il cielo iniziava a colorarsi di nero e in studio regnava un silenzio irreale.
D’un tratto il telefono ha preso a squillare frenetico.

Driiiiiin driiiiiin
– Poliambulatorio, buona sera.
– Ehm… buonasera – ha detto una voce di donna – senta…
– Si…?
– Avete mica un tavolino per cinque stasera?

Guardi – ho pensato – di tavolini da queste parti non ce ne sono, ma se le van bene delle poltrone, be’, qua ne trova quante ne vuole. E chissene se son da dentista, comodi si sta comodi, ci si può stare anche distesi.
Solo che questo, a lei, mica gliel’ho detto. Ho trattenuto una risata e ho fatto: – Mi sa che ha sbagliato numero, questo è un poliambulatorio.


– Ah… mi scusi.
Poi, sbam!
Tu tu tu…

Ed io son rimasta lì, avvinghiata a quel tu, tu, tu… a pensare, be’, dopo questa si può anche andare a casa, eh!

il Venerdì _ 31

Questa settimana è scivolata via quasi senza che me ne accorgessi.
Dico io, era l’ora che la vita si decidesse finalmente a render pan per focaccia!

In questi giorni, qua dentro, l’ha fatto un po’ con tutti, anche con me, e così, io non mi son certo tirata indietro, ché quando si parla di carboidrati son di cedimento facile.
Allora ho lasciato far tutto a loro, al pane, alla focaccia e alla vita, impegnati a ripagare gli sforzi fatti nella prima parte di questo anno, che tra corse e nevrotici squilli di telefono, m’è sembrata interminabile a tal punto da esserne uscita a pezzi. O per lo meno questo era ciò che pensavo. Poi l’altro giorno la signora Anna si è fermata in segreteria. Oh, ha detto, invece d’invecchiare, la ringiovanisce…
Io pensavo si riferisse a Sandra, attivissima e in forma più che mai, invece no, Macché Sandra, m’ha detto, e’ dico a te!
Io le ho quasi riso in faccia, ché chissà come, ‘ste cose me le dicon sempre di prima mattina, quando mi sento come se mi fosse passato addosso un tir ed i capelli vanno un po’ dove gli pare, tanto che l’unico modo per contenere lo scompiglio (fisico e mentale) è nascondere tutto in uno chignon.

Cosa? Avrei voluto dirle. Ma non l’ho fatto, ché anche se la signora Anna non sarebbe mai il tipo, sotto sotto temevo una supercazzola. Allora ho detto grazie, mentre intanto pensavo, ah però, pane e focaccia han proprio un effetto miracoloso!

Una spintina però, va detto, gliel’abbiam data anche noi. Ché se i ritmi si son fatti più sostenibili lo si deve soprattutto alla nuova organizzazione, studiata e ristudiata per mesi. Adesso non ci resta che sperare nei suoi buoni frutti. Del resto, le cose, per farle bene non si possono mica improvvisare; van costruite nel tempo, con pazienza e dedizione.
Insomma, come m’ha detto l’altro giorno una paziente, mica si può dar da mangiare alla gallina il giorno del mercato. Per venir su belle paciocche, infatti, le galline van curate passo passo.

Così d’un tratto ho pensato a me, a tutte le persone e a quelle piccole cose che in questi mesi ho trascurato per star dietro al lavoro, allo studio… Ho pensato alla scrittura, messa da parte pure quella, e ai miei passi, che per quanti ne abbia fatti qua dentro in questi mesi, vuoi mettere con quelli liberi e curiosi di qualche mese fa, che si perdevano chissà dove, zaino in spalla.
Allora ho deciso: bisogna che torni ad alimentare questa gallina, ché in fondo nella vita ognuno ne ha una ed io, be’, più ci penso più mi convinco che la mia sia proprio questa.

il Venerdì _ 30

Che lo si voglia o no, il momento di salutare l’estate è vicino.
Le giornate si son già fatte corte, i parcheggi son tornati a riempirsi di auto e i temporali degli ultimi giorni sono un po’ come i fischi dell’arbitro in mezzo a una partita di calcio, che finché son due, tira via, ma quando poi diventano tre… pi piii piiiiiiiiiii
Fine dei giochi.

La pacchia insomma è finita un po’ per tutti, anche per me, che amo l’estate non tanto per le interminabili giornate di solleone, quanto piuttosto perché qua dentro, in estate, si sta davvero da Dio: aria condizionata, telefono che squilla a rilento e finalmente tempo a disposizione per occuparmi di lavori lasciati lì per giorni, settimane, mesi… in attesa che arrivi l’estate, appunto.

E così, mentre la maggior parte della gente se ne sta spaparanzata sotto l’ombrellone o sui monti a respirare aria bona e a tirar su i glutei, a Risana regna una pace irreale, tanto che ogni volta mi domando, ma di estati, in un anno, non potrebbero essercene di più?

L’anno prossimo, son sicura, me lo chiederò ancora, e proprio come adesso, i primi di settembre mi volterò indietro, nostalgica, consapevole che per mesi questa pace non sarà altro che un ricordo, impegnata a correre da un telefono all’altro, da uno studio all’altro, dietro a bambini frenetici o genitori esauriti. Un tunnel in fondo al quale, per quanto m’impegni, oh, mica son certa di riuscire a vedere la luce.

Paolo dice che la vita è già bella complicata di suo per farsi sopraffare da simili pensieri. Scialla, direbbero i giovani d’oggi. Ma lui, da vero signore, m’ha detto: È un po’ come andare a mettere il sedere tra i calci. Anche a non volere, va a finire che uno lo prendi per forza.

E in fondo, be’, non ha mica tutti i torti. Meglio quindi pensare a cose belle, leggere, come il sorriso sincero della signora Anna Maria, che lunedì, quando m’ha vista, s’è illuminata.

I nostri incontri son sempre uguali.
Lei mi sorride, io le sorrido. Mi fa un paio di complimenti e poi mi chiede se sono sposata.
No, rispondo.
Ah, vabbe’, dice, ma tanto lei è ancora gggiovane. Ci mette un due-tre G, ché il suo accento è un po’ romanesco.
Quando le dico quanti anni ho, trentatre, lo vedo, ci rimane un po’ male.
Ah… dice. Le sembro più piccola, ma le vado bene lo stesso, anche se ai suoi tempi, alla mia età, altro che sposate si doveva essere. Ma lei in realtà non è dispiaciuta, è solo in pensiero, fosse mai che me ne sto da sola in balia di questo mondo, allora mi fa: Ma ce l’ha il fidanzato?

‘Ce l’ha’. Potrei amarla anche solo per questo suo darmi del lei, ma la amo di più quando le rispondo di si e lei si scioglie in un sorriso che è tutto un programma.

E com’è, bello?
Il figlio o la nuora, che di solito l’accompagnano, arrivati a questo punto in genere cercano di fermarla, ma io le rispondo con piacere: È bello si, le dico, è proprio bello.
E lei, allora, se la ride che sembra una bambina.

Ogni volta che la vedo, parlare con lei mi fa un tale piacere, che mi vien da pensare che dovremmo essere tutti un po’ più così: teneri, spensierati e pronti a dirsi cose belle. Ché non so dire con certezza se sorridere allunghi la vita o meno, ma in questi anni una cosa l’ho imparata ed è che farlo, la fa di sicuro scivolare meglio.

Tender _ Blur

Ieri, a quest’ora

Ieri ci siam svegliati con la voglia di un bell’aperitivo in riva al mare.
Non capita spesso di svegliarci così: idee chiare e nessuno dei due che per un motivo o l’altro è costretto a schizzar via chissà dove. Così, nonostante la domenica appiccicosa, buona solo a spiaggiarsi sul divano nuotando nell’aria condizionata, alle cinque del pomeriggio siam saltati in piedi e un attimo dopo, via, in macchina: destinazione mare.

Una curva dopo l’altra, tra colline dorate e villeggianti della domenica dalle mani incollate allo sterzo, siam giunti fin sulla spiaggia. Giusto per berci un gin tonic, eh, lontano da tutto e da tutti, soprattutto da chi, dopo una giornata di mare, si apprestava ad andar via, lasciando spazio a noi, bianchicci e troppo vestiti per non meritarci più di uno sguardo indiscreto.
Be’, per fortuna insieme a questi sono arrivati anche i nostri gin tonic, ché se siam venuti fin qui, ve l’ho detto, lo si deve in gran parte a loro. E poco importa se le ragazze di fianco a noi ricevono uno sconto dal cameriere.
_ Due vini e un gin tonic. Sarebbero 33€, fa lui disinvolto, ma li mettiamo come fossero tre vini e sono 30€.
_ Oh, grazie! esordisce sorpresa la ragazza del gin tonic.

Sebbene sia rivolta verso il mare, io non posso fare a meno di ascoltarli, mentre il sole mi acceca. Lo stesso inizia a fare l’Hendricks, lasciandomi però ancora quel tanto di lucidità da chiedermi, chissà perché, a noi, il cameriere lo sconto non ce l’ha fatto?
Quel pensiero mi esce di bocca. Francesco già sorride. Ci guardiamo, lo guardiamo. Eccolo che torna verso di noi, splendido splendente con dei tramezzini. Ma all’ultimo ci dribbla e oplà, Omaggio per le donzelle. E allora, be’, è impossibile non scoppiare a ridere.

Ridiamo così tanto da rotolare fin sul mare. È un attimo e i nostri piedi sono in acqua, rivolti verso un sole tinto di rosso acceso che un po’ alla volta svanisce, lontano, regalandoci le ultime luci del giorno. D’intorno ci son anziani che camminano, amici in cerchio che mangiano una pizza e poi ci sono loro, una manciata di ragazze che invece di godersi lo spettacolo si fanno fotografare il culo in controluce da qualche amica per poi postare quell’immagine chissà dove.

Che dire? Io, di spettacolo, preferisco di gran lunga questo, che poi, detto tra noi, ha un culo mica niente male.

Marina di Castagneto Carducci

il Venerdì _ 29

Io non so come, ma in questo periodo di città svuotate e sole cocente, mi sento come schiacciata da tutto ciò che mi gira intorno. Eppure, ora che son tutti in ferie, di spazio per noi che restiamo ce ne dovrebbe essere di più, no?

Invece, chissà perché, ovunque vadano a cadere i miei occhi, oh, vedon qualcosa che non va. Un po’ come al tg, dove non si parla d’altro che di tragedie, disastri ambientali, giovani violenti, adulti che perdono il capo, politici che dimostrano di non averlo mai avuto… insomma, ‘na robaaa ma una robaaa, che l’altro giorno mi son detta, forse è davvero giunto il momento di non vederla più quella roba lì.

E così, lunedì sono arrivata a lavoro con l’intenzione di abbandonare per un po’ tv, social, cellulare, per darmi in pasto alla vita vera, quella fatta di persone, relazioni, e a volte anche di chiacchiere da bar buttate lì un po’ a caso. Ché parlare del traffico o del gran caldo non sarà certo il massimo, ma per lo meno non mi toglie energie e fiducia, come il sentire ciò che ultimamente accade in questo mondo.

I miei buoni propositi, credetemi, erano saldi. E lo son stati per un bel po’, eh, un cinque-sei ore buone, fino a quando quella bimba di otto anni non ha messo piede in studio. Un gran mal di denti e la faccia imbronciata. Con lei, la mamma.
Scoperta la causa del dolore, l’abbiam curata. Otturazione e via, risolto.
Quando arrivano al banco della segreteria son sollevate, la mamma più della piccola. E ci credo, dopo ore di lamenti, tua figlia è finalmente tornata a star bene.

_ Grazie, dice la donna.

_ Di niente, la segue la Clau. Poi dice due cose alla bimba.

_ Quanto è? Chiede la mamma sulla cinquantina, abbronzatissima e splendida splendente.

_ Sono 100€, fa la Clau. Ma non fa in tempo a finire che la donna se ne esce con un sonoro, Sticazzi!

Io, che ero alle prese con delle scartoffie ad una scrivania poco distante, alzo la testa. La bimba pare un’anima in pena. E ci credo, con una mamma così lo sarei anch’io.
La Clau resta zitta ed è un vero miracolo, ché se un minimo la conosco, son certa che dentro ne avrà pensate a centinaia. Ma resta zitta. Ignora. Proprio come si fa con le richieste di amicizia che non solo non ci interessano, ma ancor peggio ci disturbano. Ignora, appunto. La fa pagare e via.

Una volta fuori, ci guardiamo e senza dircelo, pensiamo alla stessa cosa: quella povera bimba, ché ultimamente ce la prendiamo tanto con questi giovani, senza riferimenti, valori… e sticazzi, se gli adulti che hanno accanto sono questi, mi pare il minimo.

E allora sapete una cosa?
Mi sa che la pausa me la prendo da tutto, anche dalla vita vera, ché di persone qua ne passano anche di molto belle, eh, ma guarda caso quest’anno allo studio hanno deciso di chiudere per una settimana ed io, be’, ne approfitto volentieri. Un po’ di meritate ferie, come mi ha detto ieri Ezio.

E così, stacco la spina. Ci risentiamo tra qualche giorno… forse.

il Venerdì _ 28

La settimana a ‘sto giro era partita stranamente bene.
Per carità, lunedì, al solito, è stata un’emergenza dietro l’altra, ché da queste parti, oh, non ci si ferma neanche quando luglio lascia il passo ad agosto, ma in fondo, la mattina era passata in fretta, esattamente come un temporale estivo, che in poco più di mezz’ora pare debba buttar giù il mondo, invece, oh, non fai in tempo ad accorgertene che è già tornato a splendere il sole.

Bello. Davvero troppo bello per essere vero. E infatti, giorno dopo giorno, la settimana si è rivelata esser quella di sempre: un concatenarsi d’incontri, alcuni preziosi, altri, che invece mettono a dura prova i nervi, soprattutto adesso che il caldo è tornato a farsi sentire.

Ma la colpa, dico io, mica può esser sempre e solo del caldo, ché qua dentro abbiam pure l’aria condizionata… e allora diciamolo, la colpa è nostra. Anche mia a volte, eh, così ci sono occasioni in cui mi son ripromessa di non aprir bocca, ché come dice Don Franco, il fiato è sempre bene risparmiarlo.
Allora, shhh! Shhh!

Me lo son ripetuto diverse volte in ‘sti giorni, anche davanti al signor Mauro e alla moglie. Lui col mal di denti e lei ad accompagnarlo.
Dopo che aveva finito, gli ho detto: Mauro la dottoressa vuole rivederla settimana prossima. Giovedì può andar bene?
Si, e grande e grosso ha scosso la testa.
Che orario preferisce: 8.30? 8.45? 9.00?
Facciamo 8.30, fa lui un po’ dimesso.
Metti le 9, va, s’intromette d’un tratto lei.
Lui si gira: perché le 9?
Perché lo dico io, e sorride fiera d’aver quell’uomo in pugno: di gestirgli vita, morte e miracoli da anni.
E lui: muah… bada te, se ‘un si pole anda’ da i’dentitsta quando ci pare.
In effetti, penso.
Ma lei niente, sorride ancora e ribadisce: metti le 9.
Io guardo lui.
Lui mi riguarda.
Facciamo le 8.45? butto lì.
Ma lei mi guarda. Smette di ridere.

Meglio metter le 9, va. E torno zitta.

Ma questo non è niente, credetemi, in questi giorni ho visto e sentito cose che voi umani non potete neanche immaginare. E infatti, ci son volte in cui, se solo potessi, vorrei tanto essere come Eleven di Stranger Things. Sollevar un attimo le cose per aria e quello dopo, sbam! Chissà dove.

Peccato che questa sia la vita vera e i superpoteri ancora non siano pervenuti. Magari un giorno, chissà… nel frattempo mi diletto con piccole imprese quotidiani. Be’, a dire il vero, qua dentro la facciamo un po’ tutti.

Stamani Sandra ha tradotto esattamente tutto questo in parole.
Erano le 8.20 e nello studio, ancora deserto, c’eravamo soltanto io, lei e Sandrina, quando d’improvviso è suonato il campanello e nel silenzio illuminato dal sole che filtrava dalle vetrate, ha sollevato le braccia e carica d’energia ha detto: Eccoci pronte per la battaglia di questo venerdì!

Già, perché a volte qua dentro più che a lavorare pare di essere in battaglia. Ora però è giunto il momento di deporre le armi, ché finalmente il venerdì è arrivato e il mio bel casino mi porta al mare.

il Venerdì _ 27

La scorsa settimana me ne son rimasta in silenzio. Già. Perché questo lavoro a volte è un po’ come la vita, ti accadono cose che restano dentro e per quanto tu cerchi di gettarle via, il più possibile lontano da te, oh, quelle restano lì, a toglierti fiducia, fiato, a seppellire quella punta d’ironia che da sempre ti permette di restare in piedi, nonostante tutto.

Mi ci son voluti dei giorni per farmene una ragione e a dirla tutta, non credo d’essermela ancora fatta, ché se ripenso alla supponenza e all’ignoranza di quel tipo, le braccia mi ripiombano a terra. Sbam!

A tirarle su, un po’ alla volta, è il fatto che per fortuna, a questo mondo, le persone non son tutte così. L’umanità è alla deriva, certo, ma qualche briciola resiste tenace al naufragio.
E così, ogni giorno c’è chi mi concede sospiri di sollievo, come la signora Grazia, che l’altro giorno, son convinta, me l’han mandata apposta.

Quarant’anni di lavoro al pubblico. La gente, lei, aveva imparato a riconoscerla al volo.
Quelli che avrebbero fatto storie per pagare, m’ha detto, eh ‘un facevano in tempo a entrare in negozio, l’avevo già riconosciuti. Oh, ci provavano in tutti i modi: ho lasciato in portafogli a casa, passo domani… Poi però, di contrario, c’era chi ‘unn’avea sordi ma piuttosto di ‘unn’aver debiti mi pagava con l’ova. A quelli, i capelli, gliel’avrei fatti anche a gratisse, ma a quell’attri… ‘un li facevo mica più entrare, sai.

Ed io lì, ad ascoltare, e a pensare che in fondo, anche se allora non c’ero ancora, mi par di capire che rispetto a quarant’anni fa, la gente è rimasta pressappoco la stessa. Il mondo insomma si divide ancora tra onesti e disonesti.
Insieme a questi ci sono poi quelli che galleggiano; quelli che per intendersi seguono la corrente e a seconda di dove tira, son pronti a calare la maschera del buon cittadino e a mettertelo in tasca.

Se penso ai politici illuminati, ai medici che salvano vite o anche alla mia amica Eli, che passa le sue giornate a New York a studiare il cervello, be’, il mio lavoro mi appare così semplice, ma non per questo, penso, possa esimersi dall’avere una sua funzione sociale. Se c’è qualcosa, infatti, che ciascuno di noi può fare, contro i disonesti, in favore degli onesti o ancor meglio per indicare la rotta ai tanti galleggiatori, be’, io credo proprio debba esser fatto. Mica per niente, eh, ma ‘sti furbetti che quando son nel torto alzano la voce, avrebbero anche rotto, ché per lo meno la signora Grazia alla pensione c’è arrivata. A noi, invece, non toccherà manco quella. Quindi bisogna tener duro e non abbassare la testa, soprattutto davanti a certa gente.
Bisogna far come Boris, insomma, che l’altro giorno, dopo che Lorenzo gli ha tolto un dente è corso in segreteria con un sorrisone pieno di finestre e dall’alto dei suoi nove anni ha detto fiero: Ho resistito!

Ecco, dovremo fare proprio come lui: resistere e sorridere alla vita, ché anche se a volte non è esattamente quel che si saremmo aspettati, non dimentichiamocelo, possiamo comunque sempre scegliere come giocarcela.

il Venerdì _ 26

A me, ultimamente, pare che le settimane abbian preso a volare. Non che si sian fatte più leggere, sia chiaro, ma più brevi si, ché senza accorgersene, oh, ci si ritrova sempre al venerdì.

Ripenso a quando questo genere di frase la sentivo dire da mia mamma ed io, carichissima per l’ennesimo fine settimana all’orizzonte, la guardavo senza capire.
Ah… ne son passati di anni da allora, così tanti che adesso son dalla sua parte anch’io, a pensare che non fai in tempo ad arrivare al venerdì che, taaaaac, eccone subito un altro.

E cosi, anche questa settimana è arrivato in un lampo. Senza pioggia, però, eh, ché anche se il cielo era talmente grigio da prometter chissà cosa, alla fine son cadute a malapena due gocce e al solito han fatto peggio che meglio.

Ma in fondo, chiessene, domani è sabato e poi c’è la domenica. Me l’ha ricordato anche la Rossella oggi a telefono: Forza, forza, ha detto, ché siamo al venerdì.
Eh già
, ho proseguito io, ancora qualche ora e finisce la settimana.
Allora, nonostante a dividerci ci fossero due telefoni e decine di chilometri, l’ho sentita farsi vicina: Per fortuna, cara mia, le donne amano anche le attese.

Quando me l’ha detto ho sentito una stretta al cuore, di vicinanza, d’affetto… Poi ho pensato, ma siam proprio sicure che le cose stiano davvero così?
Le donne di oggi, infatti, (…non tutte per fortuna) non fanno in tempo ad arrivare che già pensano a quando saran di nuovo fuori. Varcano la porta dello studio con passo deciso, come quella dell’altra sera.

-Buonasera.
-Buonasera.
-Ho un appuntamento.
-Si, si può accomodar…
-C’è molto da aspettare?
Guardo l’orologio: son le 18.43. Guardo l’agenda: il suo appuntamento è alle 18.45.
Riprendi fiato, penso, mentre intanto sorrido: – La fanno passare subito.
-È che avrei un altro impegno – dice, mentre guarda indispettita l’orologio che ha sul polso.
Ed io, be’, mi mordo la lingua per starmene zitta, ma nel frattempo mi chiedo: come diavolo è possibile che noi esseri umani non ci siamo ancora estinti? Ché detto tra noi, oh, di tanto in tanto ce lo meriteremmo proprio.

Be’, c’è di buono che certi pensieri riesco a tenerli per me. Se c’è una cosa che ho imparato a fare in questi anni, infatti, è starmene zitta. O per lo meno, ho imparato a non dire proprio tutto ciò che vorrei. Solo che nella vita, si sa, d’imparare non si finisce mica mai e così, ahimè, potrebbe capitare di fare un passo falso.
Allora gliel’ho detto alla Teresa: – Tieniti pronta, fosse mai venisse a mancarti una segretaria.

A forza di vederne di tutti i colori, infatti, va a finire che uno di questo giorno mi dimentico di star zitta e…
– Be’- m’ha detto lei – al massimo veniamo a portarti le arance, eh. E s’è fatta una risata.

Che dire?
Poteva andarmi peggio, ché detto tra noi, le arance mi piacciono anche e poi fanno un gran bene alla salute, un po’ come le attese, che anche quando son snervanti e a tratti sembrano interminabili, oh, se le guardi bene, han sempre qualcosa da poterti insegnare.

il Venerdì _ 25

Questa è proprio una bella settimana, ho pensato mercoledì, di quelle che ti fan dire: ce ne vorrebbero di più di settimane così.

Poi, è arrivato il giovedì.
Allora mi son chiesta, ma quel pensiero, da dove diavolo ti è saltato fuori? Ché son bastate nove ore di lavoro a vanificare tutto.

Be’, lo ammetto, dir tutto non sarebbe giusto, ché anche se ieri qualcuno si è davvero impegnato a mettermi i bastoni tra le ruote, ‘sti giorni a lavoro son stati pieni di cose belle: la Clau che si è ripresa, ad esempio, ed è finalmente tornata tra noi, un cornetto al cioccolato diviso in tre dopo un concertino di crampi allo stomaco e i tanti incontri che in segreteria c’han strappato parole e sorrisi.

Uno tra tutti, quello con la signora Carla, che da quasi cinquant’anni urla nelle orecchie al suo Giannino, come lo chiama lei, il mio amore bello; lui ride, zitto, e annuisce, mentre lei spara parole ad un volume tale che mi domando, ma lui, dopo tutti questi anni, come diavolo farà ad avere ancora l’udito? Non posso manco chiederglielo, poher’omo, ché non fa in tempo ad aprir bocca che subito la risposta arriva da lei, ovviamente a tutto volume. Allora lui chiude la bocca, sorride e avanti così.

Oh, ogni volta che li vedo, ‘sti due mi fan morire. Tanto che mi vien da pensare, fossero tutte così le persone. Ma poi mi dico, suvvia Ire, non vorrai mica adagiarti? E così, anche questa settimana mi son fatta pallina da flipper, rimbalzando tra toni sbrigativi, difficoltà a sfilare portafogli dalle tasche (sarà forse il caldo?) e le immancabili lamentele sui prezzi (che poi, detto tra noi, vengon sempre dai soliti e ora vanno in coppia col classico e sospirato, Altro che mare… tanto che mi chiedo, siam forse diventati stagionali anche qui?).

Di sicuro, il caldo l’abbiam sentito pure noi. Niente drink alla mano e spiagge paradisiache, sia chiaro. Il merito va dato piuttosto ai nostri balzi, che senza tregua ci conducono di palo in frasca.

E in questi giorni, be’, sono andata così tanto di palo in frasca, che a una certa mi son ritrovata addirittura all’Ikea. Così, adesso ho un nuovo letto. Chi mi conosce si starà chiedendo se lo porterò a lavoro. In effetti, considerato il tempo che passo là dentro, potrei risparmiami un bel po’ di balzi.

Ma no, cari miei, il letto l’ho messo altrove, alla giusta distanza di sicurezza, e poco importa se dopo averlo portato al quarto piano in un pomeriggio bollente, io e Francesco l’abbiam montato al contrario.
Una volta finito, mi son seduta a terra, con un pacchetto di patatine in mano a tirar su la pressione e in testa le parole della signora Gabriella, che qualche giorno fa m’ha detto: Chi sa ridere di se stesso, cara mia, non smetterà mai di divertirsi.

Allora giù, a ridere: di me, di noi e di quella maledetta fatica. E chissene se eravamo appiccicosi e ko, di fianco a un letto montato al contrario. In fondo, prospettive diverse, talvolta insolite, fan bene al cuore e alla mente.

…Be’, sempre che le doghe reggano.

il Venerdì _ 24

Questo lavoro sarà anche ripetitivo, ma di sicuro a farlo s’imparano un sacco di cose. Ad ascoltare gli altri, ad esempio, e ad osservare: gesti, atteggiamenti… così, in questi anni, ho imparato anche un’altra cosa: saper diffidare. Già! In particolare di quelli che arrivano in studio vestiti di tutto punto, con la vita dettata dall’agenda sul cellulare e lo sguardo di sotto in su. Ecco, con tipi così, puoi scommetterci, arrivare al saldo sarà un parto; non uno qualsiasi, eh, ma uno di quelli podalici, lungo e doloroso, magari con i 40 gradi all’ombra degli ultimi giorni.

Se ne vengon fuori con un Sai, ho avuto delle spese impreviste (Ma va?! Al giorno d’oggi mi sembra capitino un po’ a tutti, ma dico io, deve farti credito il dentista?); poi li vedi in giro, macchina nuova, A A Abbronzatissimi manco Edoardo Vianello. Han figli a cui non fan mancare niente. Corso di violino, ceramica, danza, meditazione, kung fu… (li fanno tutti e a quanto pare tutti insieme, dato che ogni volta, prendere un appuntamento diventa un’impresa); eppure, oh, quando vengono da noi, ‘sti adulti non si sa come, ma son capaci di far storie per 40€.

È che anche se non sembra, i piccoli paesi sono un po’ come il mio lavoro: insegnano e soprattutto mostrano. Vuoi o non vuoi, infatti, da queste parti ci si conosce un po’ tutti e allora, dico io, perché inventare cazzate?
I miei preferiti, quindi, son quelli che te lo dicono senza problemi che vanno in ferie. Per il pagamento se ne riparlerà, eh, ché un paio di settimane di vacanze vorrai pure fargliele fare a queste povere anime in pena con il lettino in spiaggia già prenotato, no? Cosa diavolo pretendi che prima di stendersi al sole unti, cocktail alla mano, vengano a saldare il lavoro fatto del dentista. Suvvia, anche te!

E allora si, son sempre più convinta che questo lavoro sia un concentrato d’insegnamenti. Dietro a questo bancone, infatti, s’impara persino a far canestro ad occhi chiusi. Persone, situazioni, scambi di battute infelici… se ne fa una bella palla e la si getta alle spalle, sbam! Ché a tenersele sul cuore e nella testa, certe cose, si rischia di restar bloccati, mentre invece ha ragione Giuliana: nella vita bisogna andare avanti, altrimenti si va indietro.

Per cui avanti, eh, e anche di corsa, verso persone belle, con mani consumate dalla fatica e menti creative. Un po’ come quelle di Gianni, che un paio d’anni fa ci ha regalato dei dipinti e questa settimana è tornato a trovarci. Scrivi, m’ha detto, tu devi scrivere! Lo stesso ha fatto Hung, il quale m’ha confessato che a forza di leggermi, oh, oltre a realizzare sculture, gli è venuta voglia di prender carta e penna. Chissà che questi miei pensieri buttati lì un po’ a caso non gli siano davvero d’aiuto… Di sicuro, lo sono per me questi incontri, come quello con Ciro, che ogni volta m’invita a visitare la sua Bottega. L’ha fatto anche l’altro giorno, per poi aggiungere: Sandra deve farmi una rx per vederci più a fondo. Speriamo non veda troppo a fondo… – ha detto – Be’, prima magari vado a confessarmi, eh, che chissà cosa salta fuori.

Ed io mi son fatta una bella risata, di quelle libere e spensierate, mentre pensavo alla fortuna di aver a che fare con spiriti leggeri come i loro, che hanno occhi e cuori sensibili al bello e mani capaci di dargli forma, ciascuno a suo modo. Ogni volta, incontrarli è una boccata d’aria fresca, un soffio nell’animo che mi tira su, ma così su, che a tratti, oh, par quasi di volare.