Lisbona – Capo Verde, 1 febbraio

La pioggia di ieri, a sorpresa, se n’è andata e così, la bella Lisbona ci ha permesso di salutarla col sole, che stamani splendeva alto e convinto nel cielo. Allora via, fuori, ché chissà quando ci torneremo da queste parti.

Il saluto non poteva che avere il sapore del pan de dios, un misto di dolce, salato e saudade, ché manco siamo arrivati e già ce ne dobbiamo andare. Già, perché tra poche ore, io e il mio bel casino, abbiamo un altro aereo da prendere. Prima, però, rotoliamo fin sulle rive del Tago, ché prima di andarcene mi par giusto salutare anche lui.

Oggi brilla, sempre maestoso ma decisamente più calmo di ieri, sotto questo bel cielo azzurro. Il vento, invece, non è calmo per niente. Mi piacerebbe poter dire che si diverte a giocare con i miei capelli, ma ahimè, il loro, più che un gioco, a tratti pare un vero e proprio litigio.

Meglio buttarsi all’interno, va, tra gli alti palazzi e i vicoli stretti, alcuni dei quali, anche se è passato un anno, li ricordo a menadito. Altri invece li ho scoperti stamani. Un buon compagno di viaggio serve anche a questo, a spingerti oltre, ad aprirti gli occhi, ché il più delle volte quel che si vede in due, non lo si vede mica in uno. C’ho messo un po’ a capirlo, forse perché per farlo dovevo prima trovare questi occhi qui.

Son occhi a cui mi affido volentieri, anche nel salutare questa città luminosa e spingermi a sud, là dove nessuno dei due è mai stato.

Lui dorme al mio fianco ed io, be’, non posso fare a meno di stare a guardarlo, mentre intanto è scesa la notte, là fuori qualcuno canta ed io son qui che mi chiedo, chissà come sarà il nostro risveglio domani?

Lisbona, 31 gennaio

Io, c’ho ‘sto vizio di mettermi lo zaino in spalla e via, che a pensarci, certo, ci son vizi ben peggiori, ma anche questo non è mica da poco, ché se poi incontro qualcuno come me, pensavo, è un gran bel casino: metti che gli zaini diventano due, chi ci ferma più?

Ora che quel casino se ne sta seduto di fianco a me su questo aereo, ripenso ai primi passi mossi insieme, ormai più di un anno fa. I miei erano leggeri, ma a tratti, lo ammetto, son stati anche di piombo, ché allora, mica lo conoscevo questo casino qui.

Ad essere sincera non lo conosco del tutto neanche adesso. Ma per certe cose si dice non basti una vita intera, quindi non ha senso star qui a preoccuparsi, ché non lo so mica se mai ce l’avremo tutto quel tempo, io e lui.

La cosa comunque non m’interessa, ché anche se adesso siamo in due, io non son certo cambiata e invece di perder tempo a pensare, be’, preferisco senz’altro godermelo, il tempo, soprattutto oggi che sono a Lisbona.

Ero qui anche un anno fa, da sola. Il ricordo di quei giorni mi scalda il cuore quasi quanto l’esser di nuovo qui, stavolta in compagnia di questo bel casino. Uno di quelli belli davvero, in cui buttarsi a capofitto per non uscirne più, ché anche a lui piace vagare senza meta per le vie di questa città, starsene in silenzio in riva al Tago, riempirsi gli occhi e pure la stomaco, ché è finalmente arrivata l’ora di pranzo e dico io, non ce lo facciamo pulvo e bacalhau?

Per smaltire, poi, saliamo fino al Chiado, che è un bel po’ all’insù, ma noi andiamo convinti, a capo basso, ché se ci scoraggiamo oggi che siam solo all’inizio, dico io, dove diavolo pensiamo di andare?
E chissene se a una certa inizia a piovere, i piedi si fan zuppi d’acqua e i capelli arruffati, ci chiudiamo al caldo in un pub nel Barrio Alto, e con due belle birre, be’, ecco che passa la paura.